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Intriganti e irrituali. Sono così gli oggetti di Ron Gilad. Ti catturano perché hanno quel certo “non so che”. Difficile da spiegare, abbastanza per piacere. Poi ti avvicini e scopri che non sono giochi, o forse sono giochi molto seri. Perché dietro le forme eleganti e minime, mai minimaliste, che strizzano l’occhio al gusto del nostro tempo, c’è un pensiero, un’idea, un’ossessione.
Rifiutare l’ordinario, il prevedibile, andare oltre. Oltrepassare la soglia della percezione. Trasformare un concetto in una cosa, un’idea in una forma tridimensionale. Cos’è un tavolo se non una superficie con quattro gambe, posizionate a 90°? E allora Ron decide di tagliare l’angolo a metà, a 45°, e di ruotarlo.
Forme nuove.Nuove proporzioni. Buone proporzioni. Disegna con il colore la forma del vuoto. Ne nasce un piccolo tavolo dal profilo giallo, rosso, blu. Gioca con riflessi colorati che si specchiano, facendo svanire le forme. Prende un pezzo di legno e lo inserisce, come un graffio, nel muro per creare l’illusione che la superficie sia morbida.
Ecco una mensola. Si diverte ad aprire scatole e a immaginare tesori nascosti. Ancora tavoli. Un altro tavolo, lo chiama Panna cotta. Un paradosso di stabilità fragile, per sfidare la forza di gravità. Ron Gilad racconta che il successo è un effetto collaterale, non è certo l’obiettivo che lo muove. No, per lui ci vogliono le ossessioni, il bisogno di dire qualcosa sul mondo attraverso gli oggetti, il bisogno di porre nuovi problemi, invece di risolverli
Lo muove l’insoddisfazione, l’andare in profondità, la voglia di imparare. La cosa straordinaria che Ron Gilad ha scoperto in Brianza, è che c’è qualcuno che, partendo dalle cose, si nutre delle ossessioni per trasformarle in progetti. Perché dietro ci sono la storia, la cultura, la tecnica. E il rispetto per gli oggetti irrituali. Yes, we can, Ron.
Nasce nel 1972 a Tel-Aviv. Vive e lavora a New York. Gli oggetti ibridi di Ron Gilad abbinano l’ingegno concreto al gioco estetico. Si collocano sull’ampio e delizioso confine fra l’astratto e il funzionale.
Le sue opere raccontano la relazione tra l’oggetto e la sua funzione, mettendo in discussione la percezione umana. Il suo lavoro, che spazia dai pezzi unici alle edizioni limitate sino alla produzione di serie, non ha “data di scadenza” e fa parte delle collezioni sia pubbliche che private di tutto il mondo.
Gilad pone incessanti domande in formato tridimensionale e congegna risposte che creano un campo di fertile dubbio. In senso metaforico potremmo dire che Gilad è un linguista che crea un linguaggio proprio. Studia le origini delle “parole” e sviluppa nuovi “sinonimi”
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