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Il design diventa cinema, storia di oggetti, progetti, pensieri, intuizioni, visioni.
Racconto per immagini, in movimento.
“Values of Design”, la mostra inaugurale alla China’s Design Society a Shekou, presenta 250 opere provenienti da 31 paesi e narra collettivamente piu di 1000 anni di storia del design. L’eclettica esposizione, curata e basata sulla collezione del Victoria & Albert Museum di Londra, comprende la fiaccola delle Olimpiadi del 1948, una serie di netsuke giapponesi, una tuta di Stella McCartney, Mon-Mon, un giocattolo di pelouche usato per inviare e ricevere messaggi sulla piattaforma WeChat. Ma non basta: come introduzione alla mostra i visitatori sono accolti non da oggetti ma da un filmato: un’installazione su quattro schermi, prodotta dalla cineasta ceca Alice Masters e commissionata per collocare il design proprio al centro del contesto della societa cinese contemporanea.
Il formato dell’installazione su multi-schermo e ispirato alle coinvolgenti produzioni di Charles e Ray Eames realizzate negli anni ’60, che consentono di presentare contemporaneamente i molteplici temi proposti dai curatori. Tra questi, un’introduzione allo stesso V&A che mostra il lavoro dei restauratori del museo, insieme a scene da un mobilificio finlandese, a container che vengono scaricati e a persone che consumano un pasto nei ristoranti in strade laterali poco lontano dalla Design Society, nella citta costiera di Shenzhen.
“L’idea di allargare l’orizzonte per collegare scenari e riprese diverse si sposa perfettamente con una mostra di design, ed e utile per mostrare i collegamenti non visibili tra risorse, produzione e utilizzo”, dichiara il curatore Brendan Cormier.
"Il film getta uno sguardo su vari e differenti spazi nella vita di un oggetto, ma porta anche i diversi luoghi del V&A nella galleria di Shekou, cosi da creare un solido riferimento visivo con cio di cui si occupava e si occupa il nostro museo.”
“Values of Design” porta avanti una lunga tradizione di musei e istituzioni che trasmettono la storia e i procedimenti del design a un pubblico che utilizza l’immagine in movimento.
Il Museum of Modern Art di New York ha utilizzato per primo i filmati nelle mostre di architettura e di design, collocando proiettori da 16mm nelle sue gallerie gia nel 1937 e diventando il primo museo a utilizzare monitor TV verso la fine degli anni ’60. E ha introdotto anche un’innovazione stilistica allargando l’orizzonte e la finalita di quello che un “film di design” potrebbe o dovrebbe essere, adottando un approccio sperimentale prontamente realizzato nella mostra del 1972, che fece scuola, dal titolo “Italy: The New Domestic Landscape”.
Il curatore Emilio Ambasz programmo una serie di cortometraggi per trasferire nel miglior modo possibile il significato delle 11 installazioni 1:1, comprendenti lavori di Ettore Sottsass, Superstudio, Gae Aulenti e Gaetano Pesce, commissionate per l’occasione per il pubblico americano. Realizzati in Italia da registi emergenti come Giacomo Battiato, i cortometraggi presentavano immagini delle installazioni in mostra, alternate ad astratte scene inventate di distopia domestica e riprese di lavoratori in sciopero per le strade di Milano, segno della complessita della societa italiana di quegli anni.
Con una colonna sonora comprendente, tra gli altri, brani dei Pink Floyd e della cantante lirica afro-americana Margaret Tynes, i filmati proponevano un’audace re-interpretazione della cultura cinematografica e televisiva popolare, utilizzando l’estetica del messaggio pubblicitario per raccontare un futuro prossimo pieno di problemi.
Anche la XV edizione della Triennale, svoltasi a Milano nel 1973, opto per una scelta curatoriale audiovisiva, con intenti analogamente polemici, installando una serie di schermi TV programmati per trasmettere documentari su temi di antropologia, natura ed economia, presentati al posto di progetti concreti. Altrove il malinconico film di Aldo Rossi Ornamento e delitto proponeva estratti da opere di Walter Benjamin sullo sfondo della periferia milanese. Molti protagonisti di quell’epoca costituiscono il tema di un nuovo documentario, SuperDesign, girato da Francesca Molteni in collaborazione con la curatrice Maria Cristina Didero.
Realizzato come preciso contrappunto al libro e alla mostra omonimi – quest’ultima svoltasi a New York alla galleria R & Company nel novembre 2017 – il film presenta le interviste a 19 esponenti del movimento italiano di design radicale degli anni ’60 e ’70. Ha debuttato in prima assoluta all’Architecture & Design Film Festival di New York pochi giorni prima dell’inaugurazione della mostra. Giunto all’ottava edizione, il festival e uno tra i sempre piu numerosi programmi realizzati nel settore in numerose altre citta, tra cui Los Angeles, Singapore e Milano.
La crescente popolarita di queste manifestazioni ha offerto ai cineasti ulteriori occasioni per ampliare l’orizzonte delle loro realizzazioni e, di conseguenza, attirare un nuovo pubblico verso il design e la storia del design. Come spiega Francesca Molteni: “Un arco narrativo piu ampio consente di raccontare meglio una storia – non si tratta solo dell’aspetto visivo del film. E poi realizza un’esperienza di visione completamente differente – si condivide l’emozione del film e poi se ne puo discutere. Si crea una sorta di comunita nella sala cinematografica, quando si guarda insieme piuttosto che online”. Da quando e stato fondato nel 2015, il Design Film Festival di Milano – forse inaspettatamente – e stato accolto con entusiasmo dalla comunita locale legata al design, in quanto ha proposto alle aziende del settore una nuova visuale e una nuova angolazione per comunicare la loro storia e la loro filosofia.
L’edizione 2017 ha proposto ritratti cinematografici di Gio Ponti, Konstantin Grcic e del fondatore di Lasvit, Leon Jakimic˘, insieme a Fare Luce di Gianluca Vassallo, uno studio esoterico del nostro rapporto con la luce in tutte le sue forme e nelle varie circostanze, prodotto da Foscarini, azienda produttrice di lampade e lampadari. Il film di Vassallo va ben al di la delle finalita commerciali per esplorare le caratteristiche emozionali che ispirano sia il processo di progettazione sia il nostro impegno a realizzare i prodotti che ne derivano.
Tuttavia, come fa notare Francesca Molteni, non sempre le aziende hanno avuto grande intuito
“Quando nel 2003 ho cominciato a realizzare filmati sul design, le aziende non erano preparate e dicevano, ‘pensi davvero che possa interessare? E un divano, che storia puo esserci su un divano?’ Adesso e quasi l’opposto: ho avuto discussioni con aziende sul fatto che non c’era bisogno di presentare le collezioni in modo troppo esplicito nei filmati, perche avrebbero fallito l’obiettivo. Se il pubblico pensa che vuoi vendere un prodotto, lascia perdere. Devi destare la curiosita della gente, non forzarla a vedere le cose”.
Ora che il film e un elemento standard della strategia di comunicazione di molte aziende, commenti del genere sottolineano la sfida di controbilanciare le esigenze commerciali del cliente con la creazione di un racconto coinvolgente. Alla ricerca spasmodica di un’estetica visiva che si faccia comprendere senza bisogno del dialogo – una considerazione questa particolarmente importante per i mercati internazionali – alcuni filmati puntano soprattutto alle persone, alle competenze e ai materiali che fanno parte del processo produttivo.
Documentando momenti di lavoro nei laboratori, film come il ritratto realizzato nel 2014 dal cineasta olandese Juriaan Booij della fabbrica De La Espada nel nord del Portogallo hanno contribuito a creare una visione contemporanea estetizzante dell’artigianato e dell’arte del fare, introducendo una nuova consapevolezza dei valori della produzione inerenti alla filosofia di ogni azienda.
Dal punto di vista del marketing l’artigianalita puo esprimere sia la qualita sia il patrimonio culturale, mettendo in evidenza i processi e le tecniche ripetute e riprodotte per molti anni. Anche i designer hanno accolto con favore il valore estetico del fare. Lo Studio Swine, con sede a Londra, ha utilizzato la tecnica cinematografica fin dagli anni di studio dei suoi fondatori al Royal College of Art, lavorando con questo mezzo come risultato integrale fin dall’inizio di ogni progetto. Questa filosofia considera l’“esposizione” online altrettanto importante quanto la presenza fisica ai festival e alle mostre di design, e spesso la considera molto piu conveniente. Mentre in passato i film erano concentrati sui processi e sui materiali, le produzioni piu recenti del duo, anch’esse curate da Juriaan Booij, propongono un’estetica fortemente stilizzata, piu vicina al filmato pubblicitario che non al documentario.
Entrambi questi approcci hanno riscosso successo di critica e di pubblico raggiungendo i canali culturali tradizionali. Sea Chair, realizzato in uno scenario di riciclaggio di plastica a bordo di una barca da pesca, e stato premiato al Festival di Cannes ed e stato selezionato per la distribuzione da National Geographic, mentre Hair Highway, una rappresentazione per immagini dei capelli umani come materiale per prodotti di lusso in Cina e stato visto da quasi mezzo milione di utenti su Vimeo. L’opera piu ambiziosa, Terraforming, prodotta in collaborazione con Swarovski, e ambientata su un pianeta di fantasia interamente fatto di cristallo, con evidenti riferimenti ai temi antropologici del film di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio.
Tuttavia, nonostante la popolarita online di questi filmati, resta il paradosso tecnologico del modo in cui consumiamo il contenuto, come fa rilevare Cormier:
“Non c’e mai stata un produzione video cosi cospicua, tuttavia i dispositivi su cui generalmente guardiamo un video sono schermi palmari minuscoli e limitanti. Giriamo in alta e sempre piu alta definizione, ma con molta probabilita vedremo questi video entro piccoli dispositivi per social media”.
Molteni concorda, insistendo a favore di piu opportunita che consentano di fare questo genere di esperienze su piu ampia scala mediante installazioni o schermi cinematografici. “Secondo me un film si guarda con tutto il corpo, non soltanto con gli occhi. Immersi completamente in uno spazio con le proprie sensazioni fisiche – e quanto di meglio posso fare con il mio lavoro.”
Il recente aumento di sbocchi fisici per il design film, in particolare attraverso festival dedicati, dimostra il crescente appeal di queste esperienze. In molti modi, il mezzo ha seguito il percorso del fashion film, che è migrato dall'online a festival, mostre ed eventi simili, riposizionando alcuni dei drammi e del teatro della sfilata in una forma più permanente di creazione di immagini.
Resta da chiarire se l’effetto di trasformazione che il film ha esercitato sulla moda si ripetera in modo altrettanto incisivo sul design, un settore che non puo contare su un momento cruciale come quello della passerella, senza nulla togliere al Salone del Mobile. Una feticizzazione del fare inquadra solo efficienza e precisione, elaborando scarti o errori da un copione narrativo accuratamente predisposto, e mimando il cinema tradizionale per creare tensione e aspettative prima della rivelazione finale.
Se mai, sono le produzioni di designer come Studio Swine, ancora una minoranza, che forse testimoniano meglio una mutata percezione di cio che il design contemporaneo e o significa, documentando non solo gli esiti concreti della loro prassi ma proponendo un atteggiamento o una sensibilita per gli oggetti e i materiali con cui viviamo.
Ma che cosa accadra se diventiamo sempre più persone che guardano e non persone che usano il design?
Ci sono libri che raccolgono storie, le mettono in fila, trovano un ordine, classificano e compilano elenchi, ripercorrono cronologie e salti di scala, piccole rivoluzioni e grandi cambiamenti, dai progetti ai prodotti.
Il Gruppo Molteni si racconta in un nuovo magazine online. Uno spazio dedicato agli amanti del design e dell’architettura.
Un cortometraggio di Beniamino Barrese e Mattia Colombo
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