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Nel 1938, Gio Ponti, luminare del design italiano del XX secolo, mise su carta i primi schizzi della sua ancora incompiuta Villa Marchesano a Bordighera, sulla costa ligure. Senza muri, finestre o porte, il disegno catturava la sua visione dello spazio: come sarebbe stato vissuto e come i suoi residenti avrebbero potuto adattarsi a esso nel tempo. Ponti credeva che l’architettura dovesse servire la vita di chi la abita, creando ambienti che ispirano e arricchiscono la quotidianità, e tutta la vita che immaginava per quella casa è racchiusa in un grande foglio di carta da lucido. Per me, è proprio questo disegno a rappresentare il modo in cui Ponti concepiva lo spazio, progettava edifici, realizzava oggetti e scriveva di architettura e vita quotidiana.
Salvatore Licitra, nipote di Ponti e fondatore degli Archivi Gio Ponti, riflette sulla coerenza dell’ampia gamma di opere dell’architetto e designer:
“La ricchezza caleidoscopica e apparentemente disordinata del suo universo creativo, si svela finalmente come un tutto armonico, limpido, dove ogni parte risponde ad un unico disegno.”
Nell’arco di una carriera sessantennale, la sua dedizione a questa concezione del design è testimoniata da oltre 200 opere realizzate - di cui circa 40 solo a Milano – migliaia di disegni, e più di 500 numeri di Domus, la rivista che fondò nel 1928 con Giovanni Semeria e di cui fu direttore fino alla sua scomparsa nel 1979.
Questa stessa dedizione è evidente anche nei suoi oltre 250 oggetti di design, spesso microcosmi delle sue idee architettoniche. Quest’anno, Molteni&C presenta una collezione di questi pezzi, selezionati dal vasto archivio di Ponti, caratterizzati da un profondo valore artigianale e progettuale. Ogni oggetto - che sia scultoreo o funzionale - riflette l’intreccio tra geometria e rielaborazione dello spazio che ha definito il suo lavoro.
Tra questi, Cavallo, una forma essenziale di un animale ambiguo, creato con lamiera ritagliata e piegata, e Colombo, che rivela il lato più giocoso di Ponti: una sagoma di uccello piegata con la stessa tecnica di Cavallo.
I centritavola Tubi e Pompei, entrambi in acciaio inossidabile, sono sorprendenti composizioni di tubi interconnessi che funzionano come candelabri, vasi o oggetti scultorei, rivelando la sua attenzione per la multifunzionalità.
La Mano, una scultura anch’essa in acciaio inossidabile e raffigurante una mano con sei dita, nasce da uno scambio creativo tra Ponti e l’argentiere Lino Sabattini che trasformò un suo rapido schizzo in un oggetto reale. Questo pezzo invita l’osservatore a interpretarlo liberamente: potrebbe essere un porta-gioielli, ma anche molto di più. Come dice Licitra, è “la mimica dell’errore, una mano impossibile in onore della fantasia, pur restando anche il simbolo della misura e dell’espressione umana, del concreto intervenire e creare”.
Infine, c’è il più funzionale vassoio Architettura, di forma esagonale e che Ponti disegnò nel 1960 ispirandosi all'iconica planimetria del Grattacielo Pirelli, il suo progetto più imponente con i suoi 127 metri di altezza. Ponti aveva una visione spaziale che abbracciava la pianificazione urbana, gli edifici, gli arredi, le arti e gli oggetti di design. Questo vassoio incarna perfettamente la sua filosofia dimostrando che architettura e design, arte e utilità, sono forze parallele e complementari.
L’artigianato era al centro del lavoro di Ponti, e la scelta dei materiali era sempre meticolosamente ponderata. Ha esplorato una varietà di supporti, tra cui metallo, pietra, ceramica e vetro. Molti dei suoi pezzi scultorei, come Cavallo e Colombo, furono originariamente realizzati in argento, ma oggi vengono riproposti in acciaio inossidabile, un materiale che Ponti apprezzava per la sua durabilità e modernità.
Il set Bottiglie include tre bottiglie decorative in legno, di forme diverse ma complementari, che dimostrano la sua passione per questo materiale. I modelli sono realizzati in frassino massiccio e legno di robinia, e il loro design a due tonalità evidenzia anche il fascino di Ponti per il contrasto materico. Con Bucchero - una scultura in ceramica con quattro gambe che gli conferiscono una presenza teatrale - Ponti ha riproposto un’antica tecnica etrusca, che prevede l’essiccazione dell’argilla all’aria aperta e poi la cottura in assenza di ossigeno, ottenendo una ceramica dal caratteristico colore scuro. Queste opere e i materiali scelti riflettono il modo in cui Ponti ha saputo fondere tradizione e innovazione, confermando la sua convinzione che arte, artigianato e design siano senza tempo.
Il rigore e l’eleganza che caratterizzano il lavoro di Ponti derivano anche dal suo impegno parallelo nella scrittura e nel lavoro editoriale, in particolare attraverso Domus. Prendendo il nome dal latino per “casa”, la rivista mirava a diffondere idee sull’architettura, gli interni e le arti decorative in Italia, rendendo le sue concezioni sugli spazi domestici accessibili e attraenti anche ad un pubblico al di fuori degli addetti ai lavori.
Parlando della missione della rivista, diceva che “la casa [...] non dovrebbe essere di moda, perché non dovrebbe mai passare di moda”, e attraverso Domus ha promosso un design italiano senza tempo e duraturo, ancor’oggi evidente nella riproposizione dei suoi oggetti.
Come dimostrano i disegni della Villa Marchesano, Ponti credeva che gli edifici dovessero essere progettati dall’interno verso l’esterno, con un'attenzione particolare a come le persone avrebbero vissuto e interagito negli spazi. Architettura e design d’interni dovevano funzionare come un elemento unico, e il suo vastissimo repertorio è nato dal desiderio di progettare a ogni scala. Nella Villa Planchart a Caracas, una residenza privata per Anala e Armando Planchart, Ponti si occupò di tutto, dall’architettura agli arredi e alle arti decorative. Collaborò con artigiani locali per creare mobili, lampade e opere d’arte su misura per la villa. Il suo approccio era innovativo e pratico: mirava a rendere gli spazi quotidiani più belli e funzionali, integrando attentamente architettura e design d’interni. Questo impegno ha reso le sue creazioni senza tempo e influenti nel mondo dell’architettura e oltre.
Ponti diceva: “Lo scopo dell’architettura è la vita”.
Questo focus sull’esperienza dell’abitante ha anticipato concetti come il co-design e l’ergonomia, poiché ogni sua decisione progettuale considerava il benessere fisico ed emotivo degli utenti.
Questo aspetto emerge con maggiore evidenza nella sua stessa abitazione, Casa Ponti a Milano, una testimonianza vivente della sua filosofia progettuale. Qui gli spazi si susseguivano in continuità, e tutti gli ambienti dell’appartamento, ad eccezione della cucina e dei bagni, erano interconnessi e potevano essere separati grazie a pareti mobili a soffietto.
Qui gli spazi confluivano l'uno nell'altro e tutte le aree dell'appartamento, ad eccezione della cucina e dei bagni, erano interconnesse e potevano essere separate grazie a divisori pieghevoli a soffietto. Le pareti erano oggetti di design a sé stanti e Ponti poteva muoversi liberamente attraverso gli spazi quando necessario, pur permettendo di rispettare la privacy e le funzioni di ogni area.
Ponti aveva un talento straordinario nel valorizzare l’ordinario attraverso un design elegante e giocoso, creando oggetti che sembrano destinati a rimanere sempre rilevanti, come se fossero esistiti da sempre. Credeva che la bellezza dovesse intrecciarsi con la vita quotidiana, senza essere un privilegio riservato a pochi, e che anche gli oggetti più semplici potessero diventare fonti di gioia e ispirazione. Oggigiorno, la produzione industriale tende spesso a trascurare l’individualità e l’arte, ma il ritorno del maestro all’artigianato e a un design consapevole risuona ancora profondamente. Difatti, il suo approccio alla progettazione della casa e degli oggetti continua a ispirare sia designer che gli abitanti stessi degli spazi, ricordandoci che le nostre case dovrebbero in realtà arricchire la nostra vita.
La nuova collezione di Molteni&C dimostra l’intemporalità a cui Ponti aspirava e celebra il valore del suo lascito nel vivere contemporaneo. La sua filosofia continua a influenzare generazioni di architetti e designer. Considerando gli edifici come ambienti vivi e dinamici, modellati intorno a chi li abita, ha spostato il paradigma dall’architettura monumentale a spazi pensati su misura per le persone.
Come afferma Licitra: “Oggetti belli e impossibili, adatti solo a voli di fantasia, un invito a vivere e godere della bellezza.”
Oggi l'enfasi è ancora posta sulla flessibilità degli interni e sull'adattabilità degli spazi, e le idee che hanno dato vita a Casa Ponti appaiono ancora innovative perché continuano a essere riscritte. Come disse lo stesso Ponti:
“Le idee originali non sono importanti: in realtà, le idee originali non esistono. Le idee si ricevono e si esprimono nuovamente.”
L’architetto e designer belga Vincent Van Duysen è diventato sinonimo di una sola parola: serenità.
Le ‘standing desk’ vantano una storia lunga e illustre, i primi sostenitori commissionavano scrivanie alte direttamente ai falegnami, oppure sfruttavano i ripiani più alti delle librerie, fino all’invenzione dei desk regolabili. L’ultima postazione di UniFor - Spring System, firmato dall’architetto Antonio Citterio - sfrutta invece delle molle (springs) per compensare il peso della scrivania durante la salita.
Durante la Milan Design Week 2025, Molteni&C presenta Letters to Milan, un'installazione di Studio Klass al Museo Poldi Pezzoli che esplora il legame intimo dell'azienda con la sua città natale.
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