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Un legame forte e duraturo tra Angelo Mangiarotti e il Gruppo Molteni
Gli anni Sessanta rappresentano per il design un momento di grande sperimentazione, all’insegna dell’ottimismo e della scoperta di nuove modalità di approcciare il progetto dello spazio. Per il Gruppo Molteni sono anche gli anni dell’intuizione: quella che porterà a votarsi al mondo della produzione in serie, all’interpretazione della propria essenza ad opera di grandi designer, all’industrializzazione. Guidato dallo spirito pionieristico di Angelo Molteni, il Gruppo si appresta a dedicare la sua intera produzione ai mobili di design e ad aprirsi alla progettazione di sistemi per gli ambienti ufficio. Un cambiamento interpretato da molte personalità, tra le quali quella di Angelo Mangiarottii; una relazione fatta di incontri reciproci, capace di spaziare tra architettura, design e scultura.
Nel 1968 Angelo Mangiarotti è già un architetto di sicura fama: nonostante non abbia ancora passato il mezzo secolo d’età, il suo nome è legato ad opere che hanno segnato la stagione d’oro della creatività italiana: la chiesa di vetro a Baranzate, innanzitutto, il condominio milanese di via Quadronno e poi la prima serie di quelle architetture industriali cui avrebbe dedicato più di un decennio di fertile inventività. Il deposito per la Splugen Brau a Mestre aveva avviato nel 1961 la sperimentazione sul tema della fabbrica all’insegna della semplificazione strutturale, dell’espressività costruttiva, della razionalizzazione delle componenti. Proponendosi il compito di dare un volto identitario alla tipologia in espansione della fabbrica-capannone, Mangiarotti aveva messo a punto un metodo di montaggio a secco degli elementi fondamentali – pilastri, copertura, involucro – che aveva quasi la perentorietà di un trattato: i tempi accelerati della meccanizzazione esigevano velocità e facilità di edificazione, senza perdere di vista la perfezione esecutiva.
La tecnica dell’assemblaggio presuppone la centralità del “nodo” come elemento di raccordo che risolve la struttura in forma elegante: il nodo, per la sua dimensione di scala appartiene alla natura dell’industrial design, di cui condivide l’accuratezza del disegno e l’eleganza della soluzione. In tal senso tra architettura e design per Mangiarotti esiste solo un salto di scala e una sostanziale unità di metodo.
Non a caso, Angelo Mangiarotti si era guadagnata pronta notorietà nel campo del design con l’innovativo sistema di componibili 4D progettato nel 1966 per l’imprenditore Michele Casaluci: un abaco di semplici elementi finiti, intercambiabili ed accostabili, caratterizzati da dettagli angolari verticali al tempo stesso funzionali ed esteticamente piacevoli. Un’invenzione semplice e geniale come l’uovo di Colombo che apriva l’era del mobile assemblato e non più scolpito o sagomato, mantenendo della lavorazione artigianale freschezza ed eleganza.
Angelo Molteni ne rimase colpito e quando gli si presentò l’occasione acquisì il catalogo di Casaluci, immaginando il 4D come la pietra miliare di una decisa e irreversibile svolta verso la modernità. Ne era talmente convinto che commissionò allo stesso architetto – che nel frattempo aveva dato un altro saggio della sua incisiva capacità nello stabilimento Elmag a Monza - la costruzione del nuovo stabilimento UniFor di Turate, cui cliente e committente attribuivano quasi un valore di manifesto che oltrepassava la specifica funzione produttiva.
A verifica del suo metodo, Mangiarotti applicò a Turate lo stesso brevetto U70 utilizzato ad Alzate Brianza per la Lema di Alberto Zevi, stimato amico sia di Molteni che di Casaluci. Perché nella storia della nascita dell’industria italiana del mobile nulla è affidato al caso, ma tutto fa parte di un circolo virtuoso di conoscenze, di affinità e di emulazione, di competenze, cementate da una pratica etica del far fabbrica che corrisponde a un’attitudine etica alla qualità, al fare bene, assai diversa dalla produzione business oriented.
A questo e ad altri aspetti è dedicata la mostra Angelo Mangiarotti@Molteni Museum che dal 3 marzo al 29 settembre 2023 presenta un approfondimento, a cura di Fulvio Irace, dedicato al rapporto tra Angelo Mangiarotti (1921-2012) ed il Gruppo Molteni: un legame forte e di lunga data, capace di spaziare tra architettura, design e scultura. La mostra è accompagnata dal cortometraggio “Un Angelo su Milano: Mangiarotti e la città” dedicata ad architetture, oggetti e sculture ad opera dell’architetto. La produzione video è a cura di Fulvio Irace, prodotta da Muse Factory of Projects con regia Francesca Molteni e il supporto di Molteni Group.
Exhibition box Mangiarotti Triennale
Gli spazi di Triennale Milano accolgono, dal 27 gennaio al 23 aprile 2023, la mostra Angelo Mangiarotti. Quando le strutture prendono forma, a cura di Fulvio Irace, con Francesca Albani, Franz Graf (sezione architettura), Luca Pietro Nicoletti (sezione scultura), Marco Sammicheli (sezione design) e con il supporto di Giulio Barazzetta. Triennale Milano, in collaborazione con la Fondazione Angelo Mangiarotti, dedica all’architetto e designer milanese una delle più complete ed esaustive retrospettive mai realizzate, ripercorrendo oltre 60 anni di attività attraverso un’ampia selezione di opere, progetti, documenti e materiali, molti dei quali mai esposti prima.
UniFor, in qualità di sponsor tecnico, si è occupata della realizzazione dell’allestimento attraverso pannellature perimetrali e tavoli espositivi. I documenti, disegni e prototipi sono provenienti, tra gli altri, dall’Archivio UniFor, dall’Archivio Molteni&C, dalla collezione permanente di Triennale e dalla Fondazione Angelo Mangiarotti. La mostra è accompagnata da una produzione video dedicata alle architetture, a cura di Muse Factory of Projects, con il supporto di Molteni Group.
Per celebrare i 90 anni di Molteni&C, Rizzoli New York pubblica ‘Molt eni Mondo - An Italian Design Story’, disponibile in tutto il mondo da settembre 2024.
The mural is an art form that engages directly with space.
L'articolo illustra l'approccio e il significato della 18a Biennale di Architettura di Venezia, prestando particolare attenzione alle donne, che hanno esposto le loro opere nell'ambito di The Laboratory of the Future.
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