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Nel 1840 lo scrittore americano Edgar Allan Poe scrisse un saggio dal titolo La filosofia dell’arredamento in cui sosteneva: “Un tappeto è l’anima di un appartamento”. Centottant’anni dopo sembra che moquette o tappeti siano tornati a essere l’anima dell’arredamento di interni.
Nei primi anni 2000 il tappeto non godeva di molte simpatie; gli arredatori di punta preferivano nudi pavimenti di legno o di cemento levigato. Oggi però i progettisti hanno riscoperto quanto una copertura del pavimento possa aggiungere spessore e calore, oltre a fare da punto focale da cui emerge e si sviluppa il carattere di un ambiente.
Basta osservare alcuni recenti progetti di design come The Standard, l’albergo inaugurato a Londra nel 2019 e pieno di moquette e di tappeti dai vivaci colori, per notare l’importanza di questo tipo di prodotto negli spazi comuni. Un altro esempio è fornito dal boutique hotel Ett Hem, a Stoccolma, dove i tappeti sono disseminati un po’ dappertutto nell’edificio, progettato per somigliare a una casa, creando nell’ambiente un’atmosfera accogliente e confortevole.
"Storicamente, i tappeti erano oggetti che avevano un enorme valore culturale. Erano davvero un simbolo di identità, cultura e relazioni".
“Storicamente i tappeti hanno sempre avuto un valore culturale enorme”, afferma la designer Ilse Crawford, che ha progettato gli interni di Ett Hem e che ha anche fondato il dipartimento Uomo e Benessere all’Accademia del Design di Eindhoven. “Erano davvero carichi di una propria identità, di cultura e di rapporti.
Avevano anche una funzione: infatti identificavano un luogo e, in alcuni casi, vi aggiungevano calore. Ma, a mio avviso, questa era una funzione secondaria rispetto al loro ruolo simbolico.”
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Le cucine sono spazi quotidiani che esistono per soddisfare un obiettivo funzionale immediato. Quando ben progettate, sono estremamente funzionali alla comoda preparazione dei cibi.
Nel centro di Milano, a pochi passi dal Duomo, si trova Villa Necchi Campiglio, progettata da Piero Portaluppi (1888-1967) per la famiglia Necchi Campiglio tra il 1932 e il 1935.
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